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Journal

News Pratica Yoga Studies

18 Febbraio 2020

A.A. certificato insegnante yoga vendesi

Chiara M. Travisi


Siamo onesti, la cosa è ormai diventata una barzelletta: insegnare yoga non è più una competenza che si matura nel tempo, come in tutte le discipline corporee, col sudore della fronte e la pratica, ma piuttosto uno status che si compra facilmente, e piuttosto a buon prezzo, nel fiorente mercato dei corsi di formazione per insegnanti di yoga.
Assistiamo a una bizzarra inversione in cui il carro – l’insegnamento – viene messo davanti ai buoi – la pratica – che dovrebbe (foss’anche per puro buon senso) trainare e dare fondamento all’insegnamento.

 

L’offerta è ampia e accontenta tutti i palati. Per incrementare i propri ricavi, il mercato dello yoga infatti si è enormemente segmentato nell’ultimo decennio dando vita a stili, metodi, varianti per ogni gusto, ciascuno accompagnato dal relativo corredo di ‘corso di formazione insegnanti’. I principali periodici yoga italiani, per lo più assimilabili a riviste femminili di costume, sono pieni di pubblicità di corsi di formazione per insegnanti yoga impartiti, nella stragrande maggioranza dei casi, da ‘guru’ autoreferenziali. Intendiamoci, non è certo una prerogativa solo Italiana. L’Italia e l’Europa, in generale, sono almeno dieci anni indietro rispetto a quello che è già successo negli Stati Uniti ma ne seguono pericolosamente le orme.

 

Yoga Alliance, organizzazione privata fondata nel 1996 negli Stati Uniti, detiene ormai il monopolio nel mercato della formazione insegnanti (anche in Italia) e, in termini di penetrazione nel mercato della formazione, ha superato di gran lunga anche il tentativo piuttosto fallimentare del Primo Ministero Indiano di lanciare una licenza internazionale di insegnante di “yoga” fornita dal Ministero dello yoga AYUS (AYUS: Ayurveda, Yoga, Unani, Siddha and homeopathic treatments).

 

I fornitori di yoga hanno ben capito che vendere un corso di yoga (classi, seminari, intensivi, ecc.) non è più sufficiente: il pubblico vuole corsi di formazione insegnanti; il pubblico vuole comprare lo status di ‘insegnante di yoga’ da indossare con amici e colleghi. I vantaggi simbolici sono assicurati, guadagnandosi con pochi euro un’etichetta che – dal punto di vista valoriale – aggiunge parecchia roba al già sovraccarico ego: l’essere ‘spirituale’, ‘evoluto’, ‘consapevole’, ‘fisicamente in salute’, ‘alternativo’ ma anche ‘austero, ‘calmo’ ma anche ‘affascinante, ‘controllato’ ma anche ‘naturale.

 

Poveri noi, e poveri allievi… ma ne sono rimasti? … e povero yoga! Immettere insegnanti inesperti, ovvero abbassare la qualità dell’offerta, come si può leggere nei manuali di economia, potrà portare in futuro a una decrescita importante della domanda di yoga e a fenomeni di inflazione, peraltro già in atto negli States.

 

Forse meglio così, si ripartirà da un genuino interesse verso la materia e non da uno shopping compulsivo in cui il processo decisionale di acquisto dello yoga appare assai fortemente, se non esclusivamente, spinto da bisogni indotti ed etero-diretti: fashion, beauty, fitness.

 

In Italia, la norma UNI sulla figura professionale dell’insegnante di yoga (pubblicata nel Dicembre 2018 a firma dell’associazione di Iyengar Yoga LOY e dei colleghi della YANI) riuscirà forse ad arginare questa china, almeno creando un distinguo tra coloro i quali hanno effettivamente acquisito conoscenze, abilità e competenze e coloro i quali, pur in totale buona fede, hanno semplicemente comprato un pezzo di carta.

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